Presentiamo brevemente le dimensioni teoriche che fondano il costrutto di intervento psicologico clinico fondato sull’analisi della domanda. Costrutto che, anche nel nome, abbiamo proposto una ventina d’anni fa; che abbiamo successivamente sviluppato, grazie ai dati raccolti nella ricerca e nella pratica dell’intervento psicologico.1
Per intervento psicologico clinico fondato sull’analisi della domanda s’intende l’esplorazione delle simbolizzazioni affettive, agite da chi pone una domanda d’intervento allo psicologo, entro la relazione con lo psicologo stesso. Stiamo parlando di uno psicologo che pratica la psicoterapia nell’ambito dei servizi socio-sanitari o entro uno studio privato; anche dello psicologo che offre consulenza alle strutture organizzative, siano esse aziende, organizzazioni di servizi, cooperative, enti sanitari, istituti scolastici, religiosi, militari. Stiamo parlando di uno psicologo che lavora con persone, gruppi od organizzazioni; clienti, tutti, che gli propongono dei problemi, da affrontare con la competenza psicologica, al fine di uno sviluppo della persona, così come delle strutture organizzative. L’intervento psicologico, evidentemente, non si limita nella sua declinazione temporale all’analisi della domanda. Quest’ultima non è una “fase” di un processo di psicoterapia (sostitutiva della diagnosi, ad esempio) o dell’intervento psicologico clinico entro le strutture organizzative. E’ piuttosto il riferimento ad una teoria della tecnica che imposta e consente di orientare la prassi psicologica allo sviluppo, più che alla correzione di un deficit.
Si danno situazioni entro le quali non sembra necessaria o importante l’analisi della domanda. Lo psicologo, ad esempio, può rispondere ad una richiesta di intervento applicando una specifica tecnica, diciamo psicoterapeutica. In questo caso, è possibile che lo psicologo non analizzi la domanda d’intervento, pensando che il problema sia soltanto il pretesto per l’applicazione della tecnica di cui è capace. In altri casi, lo psicologo può occuparsi del problema con modalità del tipo: “A domanda, rispondo”. Può, quindi, porre la sua competenza al servizio di chi gli pone una domanda fondata su un problema, applicando acriticamente una tecnica, al problema stesso: se un dirigente d’azienda chiede di realizzare un lavoro di selezione del personale, lo psicologo effettua la selezione; se il responsabile di un servizio ospedaliero chiede di progettare e realizzare un corso di formazione per gli infermieri, lo psicologo fa quanto gli viene chiesto. In un caso come nell’altro, propone una competenza fondata sulla tecnicalità: applicazione di tecniche, mettendo a massa il contesto. La psicoterapia fondata sull’applicazione acritica di specifiche tecniche da un lato, la psicologia applicata dall’altro, sono esempi di tecnicalità. Vale a dire di competenza che viene messa in atto, trasformata in tecnica d’intervento dallo psicologo, sulla base dell’accettazione acritica della domanda. Questa è la differenza, per noi fondamentale, tra chi applica una tecnica predefinita e chi si occupa del problema che la persona porta, con la sua domanda; in questo secondo caso, serve una teoria della tecnica che sia in grado di trattare la domanda, a partire dal problema proposto.
La teoria della tecnica che sta alla base dell’analisi della domanda, è fondata su alcune premesse teoriche che qui riassumiamo, in una sorta di glossario:
Le emozioni. Pensiamo che la psicologia clinica sia, di base, una prassi che lavora entro l’area emozionale. L’emozione è il vissuto che risulta dalla simbolizzazione affettiva degli oggetti, nel contesto. In questo senso, stabiliamo un parallelo tra percezione ed emozione: la percezione consente di organizzare il contesto, nel suo significato cognitivo; la simbolizzazione affettiva consente di organizzarlo emozionalmente. Percezione e simbolizzazione affettiva sono le due modalità, in stretta interazione, che fondano la relazione tra individuo e contesto.
La collusione. Definiamo con questo termine la simbolizzazione affettiva del contesto, da parte di chi a quel contesto partecipa. La collusione, quindi, è un processo di socializzazione delle emozioni, che proviene dalla condivisione emozionale di situazioni contestuali. La collusione, inaltri termini, è il tramite emozionale che fonda ed organizza la costruzione delle relazioni sociali, grazie alle emozioni condivise. Colludere significa condividere, emozionalmente, le stesse simbolizzazioni affettive, o simbolizzazioni complementari, entro un contesto partecipato e vissuto in comune. La collusione, se non è pensata, si trasforma nell’agito emozionale: comportamento agito, che si può intendere quale evacuazione delle emozioni, entro la relazione contestuale. 2
L’inconscio. Nella nostra proposta teorica, facciamo riferimento al modo d’essere inconscio della mente, così come è stato proposto da Freud nella prima topica, ove viene postulato quale sistema mentale, uno specifico modo d’essere della mente; ne ricordiamo le cinque caratteristiche: condensazione, spostamento, assenza di negazione, assenza di tempo, sostituzione della realtà esterna con la realtà interna.
La relazione individuo-contesto. Nella nostra proposta teorica, è considerata criticamente la nozione di individuo; proponiamo quale interlocutore dello psicologo e quale oggetto del suo intervento, la relazione tra individuo e contesto. Lo psicologo, quindi, non ha a che fare con singole persone, bensì con relazioni; il problema che viene portato allo psicologo, e che è oggetto di analisi della domanda, è sempre un problema che concerne la relazione tra individui e contesto. 3
La convivenza. E’ l’area entro la quale si situa l’intervento psicologico. Lo psicologo viene definito quale professionista che promuove e sviluppa i sistemi di convivenza. La psicologia, in tal senso, è la scienza che si occupa di convivenza. Convivenza come relazione tra sistemi di appartenenza ed estraneo, fondata su regole del gioco convenute. Questa definizione emancipa la psicologia dal modello medico, da una sua restrittiva definizione, limitata nella prassi ai disturbi mentali, alla sofferenza psichica, al disagio, entro prospettive di cura e di guarigione.
La relazione “sistema d’appartenenza-estraneo”. E’ il luogo dello sviluppo della convivenza, quindi dello scambio e del prodotto, quali obiettivi dell’intervento psicologico. I sistemi d’appartenenza sono relazioni fondate sulla dinamica emozionale: la famiglia ne è l’esempio più semplice ed esplicito. I sistemi d’appartenenza assolvono esigenze primarie della persona, garantendo relazioni con il contesto, semplici e gratificanti. Sono caratterizzati da relazioni emozionali fondate sulla dinamica affiliativa e su quella del potere. Possono essere integrati con l’estraneità o contrapposti ad essa. Nel secondo caso si traducono in emozionalità familiste, scontate e date; nel primo, implicano l’integrazione con quei processi di comunicazione e di costruzione di conoscenza, comportati dalla relazione con l’estraneo. L’estraneità è data da quegli aspetti della realtà che il sistema d’appartenenza può valorizzare ed individuare al di fuori di sé, per realizzare relazioni di scambio.
Le regole del gioco. E’ il sistema di convenzioni, regolate emozionalmente, che consente la relazione con l’estraneità. Le più semplici regole del gioco sono di tipo normativo; come esempio, pensiamo alle “buone maniere”, regola che funge da mediatore delle relazioni, entro sistemi sociali senza prodotto, quali i sistemi familisti, fondati sulla sola emozionalità agita. Regole del gioco più avanzate, consentono di organizzare la relazione sociale in alternativa al potere senza competenza, emancipando la relazione dal potere dell’uno sull’altro; consentendo relazioni, tra estranei, fondate sul potere della competenza, quindi sull’uso delle risorse. Le regole del gioco sono convenzioni che consentono di individuare le risorse, di utilizzarle e di definirne i limiti, condividendole entro la relazione appartenenza-estraneità.
La dinamica “possesso-scambio”. Pensiamo che, nell’ambito della relazione sociale, le< due dimensioni entro le quali s’organizza il rapporto siano quelle del possedere l’altro o dello scambiare con l’altro. Il possesso esaurisce la simbolizzazione emozionale dell’altro, negandone l’estraneità; il possesso dell’altro è la fantasia che regge le relazioni entro i sistemi familisti, fondati sull’affiliazione e sul potere. Lo scambio, d’informazioni e di conoscenza competente, è la funzione resa possibile dalla relazione fondata sul riconoscimento d’estraneità. Consente la realizzazione, assieme all’estraneo, del prodotto che emerge dalla reciproca competenza. E’ il processo che organizza la relazione fondata sul potere competente. Mentre il possesso caratterizza le relazioni fondate sul potere senza competenza.
Dalla polisemia allo scambio produttivo. La convivenza è retta da dimensioni emozionali che si declinano lungo un continuum definito da due polarità. La polarità più primitiva comporta simbolizzazioni del contesto fondate su un massimo di simmetria polisemica ed un massimo di acontestualità. Un esempio è dato dalla categoria simbolica amico/nemico, come dalle categorie che fanno riferimento al vissuto corporeo di chi simbolizza: dentro/fuori, alto/basso, davanti/dietro. La relazione con il contesto e la percezione delle risposte, da parte del contesto stesso, agli agiti simbolici che conseguono alla sua simbolizzazione affettiva, consentono una progressiva riduzione della polisemia, grazie a dinamiche simboliche che tengano in maggior conto l’interazione e la reciprocità con il contesto. La seconda tappa è data dalle neo-emozioni, copioni emozionali in grado di organizzare rapporti entro un relativo ignoramento del contesto. La terza tappa è data dalle culture locali,4 sistemi collusivi contestualizzati e storicizzati, caratteristici di specifici contesti. L’analisi dei processi emozionali consente progressive riduzioni di polisemia ed un sempre più puntuale ancoraggio al contesto, sino alla competenza a simbolizzare l’altro quale estraneo, che prelude allo scambio produttivo.
Lo sviluppo. E’ l’obiettivo dell’intervento psicologico; sviluppo della relazione tra individuo e contesto, quindi delle capacità produttive e di scambio da parte di chi chiede l’intervento. Viene qui posta una differenza per noi importante tra obiettivi ortopedici, volti a ricondurre l’individuo alla normalità (o, se si vuole, all’ortodossia), e obiettivi di sviluppo. La cura è una tipica modalità d’intervento ortopedico, che vede quale parametro da perseguire la normalità della singola persona; lo sviluppo è l’obiettivo di chi interviene entro la relazione tra individuo e contesto, ed assume “capacità produttiva” e “competenza a scambiare” quali parametri sui quali intervenire. In psicologia è utilizzata una duplice nozione di sviluppo. Nel caso dell’infanzia e dell’adolescenza, ad esempio, è possibile sovrapporre lo sviluppo dato dalla maturazione e dalla crescita con quello proposto nella nostra definizione. Nel caso dell’adulto, invece, lo sviluppo concerne, necessariamente, il suo adattamento al contesto, familiare certamente, ma soprattutto lavorativo e sociale. Ciò aiuta a capire come, con l’assunzione dello sviluppo quale parametro di riferimento per l’intervento psicologico rivolto all’adulto, non si diano differenze tra l’intervento che concerne la domanda di singoli o quella di strutture sociali ed organizzative. Nell’un caso come nell’altro, l’obiettivo dello psicologo comprenderà sistematicamente lo sviluppo nella relazione delle persone o delle componenti organizzative con il loro contesto.
Psicologia quale scienza dell’intervento. Con l’analisi della domanda s’intende dare un contributo alla psicologia intesa quale scienza che fonda l’intervento psicologico, quindi una professionalità con suoi obiettivi e una sua teoria della tecnica. Si può intendere la psicologia in differenti modi: ad esempio, quale scienza che studia le regolarità del comportamento umano, o animale, a partire dalle sue componenti molecolari, quali la percezione, il pensiero, l’emozionalità ecc.. La psicologia quale scienza che studia leggi generali del comportamento, d’altro canto, non giustificherebbe la presenza, in Italia, di circa 50.000 psicologi, motivati ad esercitare la professione per la quale si sono preparati. Si può porre una scissione tra psicologia quale scienza e psicologi, relegando la competenza professionale di questi ultimi all’applicazione di tecniche. Ad esempio, applicazione autoriferita ed acontestuale di singole tecniche psicoterapeutiche, volte all’intervento ortopedico: nell’ipotesi che si possa trattare la domanda (entro un riduzionismo della pratica psicologico clinica al modello medico) quale richiesta di cura, ristretta a singoli individui, della “sofferenza” psichica, del “disagio” mentale genericamente definiti. Si può pensare alla psicologia, di contro, come ad una scienza che consente di intervenire nella relazione tra individuo e contesto, quindi entro i problemi di convivenza, per un loro sviluppo. La teoria della tecnica, che chiamiamo analisi della domanda, si colloca all’interno di quest’ultima opzione.5
Il cliente. Lo sviluppo delle organizzazioni dipende dallo sviluppo del loro cliente. E’ quindi utile una definizione psicologica della funzione cliente. Il cliente va considerato come un modello di rapporto tra individuo e contesto: è l’estraneo dal quale dipende lo sviluppo. Il cliente, a sua volta, ha un cliente da sviluppare. Questo significa che il cliente configura, sempre, un altro cliente, di second’ordine se si vuole, che è portatore di una domanda di sviluppo. Se, per l’insegnante, lo studente è un cliente, ciò significa che l’apprendimento scolastico va visto, sempre, in funzione di chi fruirà dell’apprendimento; lo studente, quindi, è colui che, a sua volta, avrà un cliente da sviluppare. Lo stesso si può dire per un’organizzazione di prodotti o di servizi. La stessa cosa si può individuare anche entro la prassi psicoterapeutica. La funzione cliente è inoltre, nella nostra contingenza storica, nell’uso attuale di questo termine entro i sistemi produttivi, nei problemi, anche emozionali, che pone, la nozione che più da vicino rappresenta il costrutto che abbiamo proposto come “estraneo”. La coerenza tra strategie di orientamento al cliente ed il nostro costrutto si coglie dalle risposte emozionali che queste strategie suscitano: dalla speranza di veder verificato il proprio operato, all’irritazione per un’interferenza entro una prassi autocentrata.
La committenza e/o il mandato sociale. Come si costruisce la relazione con il cliente nella psicoterapia e nell’intervento psicologico? A monte, a mo’ di cornice, si ha un processo di legittimazione e di consenso dell’intervento psicoterapeutico e più in generale sull’azione professionale psicologica. Tale processo media tra scientificità e valori consensualmente accettati. Il processo di legittimazione è in continua elaborazione, entro le più differenti sedi istituzionali: un esempio è la legge 56/89, istitutiva della professione psicologica; una importante componente del mandato sociale è data dalla rappresentazione della professione quale emerge nei mass media; vanno considerati inoltre i contributi dell’ordine professionale o dell’università. Il mandato sociale tutela le dimensioni conformiste – conformi alla norma – della professione. La committenza invece, non ha a che fare, univocamente, con norme e valori prestabiliti. La committenza, infatti, porta in campo i suoi obiettivi. Comporta il consenso tra interlocutori – psicologo e cliente – che traduca in dimensioni operative, storiche e contingenti, le grandi finalità del mandato sociale, entro la specificità di “quella” particolare committenza. La storicità e la contingenza della prassi fondata sulla committenza, comportano la necessità della verifica, orientata dagli obiettivi del committente, in base a criteri appositamente individuati. Con la committenza, vengono messe in gioco conoscenza ed utilizzazione delle risorse locali, proprie della specifica situazione entro la quale s’interviene.
Si è detto del colludere, quale dimensione rilevante dell’analisi della domanda. Ogni relazione sociale, quindi anche quella che fonda l’analisi della domanda, è fondata sulla collusione. Non si può non colludere, se per collusione s’intende l’inevitabile simbolizzazione affettiva del contesto relazionale, da parte di chi quel contesto condivide. La simbolizzazione affettiva è, per Freud, la vera realtà psichica, il modo più importante dell’uomo per mettersi in rapporto con la realtà e per conoscerla. Nell’analisi della domanda il problema non è “non colludere”, quale prescrizione impossibile. Il vero problema è non colludere con specifiche simbolizzazioni affettive della relazione con lo psicologo, proposte da chi pone la domanda. L’alternativa a tutto questo, è istituire altre dinamiche collusive, più coerenti con l’obiettivo di sviluppo che si persegue con il lavoro d’analisi. Ciò è possibile grazie all’analisi della domanda.
Come e dove mettere in atto l’analisi della domanda?
Riteniamo che la nostra proposta di teoria della tecnica abbia differenti e molteplici aree d’applicazione. Pensiamo, ad esempio, alla funzione di filtro alla quale, spesso, lo psicologo è chiamato entro i servizi socio-sanitari, per una rilevazione e una lettura critica del problema posto da chi si rivolge al servizio. Spesso, la funzione di filtro è interpretata come una sorta di psico-diagnosi, oppure la si può ridurre a funzione di indirizzo, di orientamento ai differenti specialisti, per chi si rivolge al servizio. I primi incontri, d’altro canto, possono essere utilizzati, dallo psicologo, quali occasioni per l’analisi della domanda. Si potranno, così, individuare domande che andranno trattate con interventi specialistici; ma anche problemi che potranno essere elaborati all’interno del lavoro d’analisi della domanda, in una relazione che assume la specificità di una psicoterapia. Si pensi, ad esempio, alla nuova utenza che si rivolge sempre più frequentemente ai servizi socio-sanitari: adolescenti in crisi, madri preoccupate, coppie con problemi di relazione, persone insoddisfatte del loro lavoro e con problemi di adattamento entro i più differenti contesti sociali; domande che provengono dalla scuola, da sistemi di convivenza, dai quartieri, da gruppi sociali. Pensiamo anche allo psicologo che lavora privatamente e non vuole costringere il suo intervento all’applicazione acritica, ripetitiva ed autoriferita ad una sola, specifica tecnica psicoterapeutica. Con l’analisi della domanda potrà offrire un servizio alle persone che a lui si rivolgono, per affrontare i problemi che emergono nella relazione di domanda; problemi che lo psicologo potrà elaborare entro un progetto di sviluppo e di crescita personale, sociale, professionale delle persone stesse, in alternativa ad obiettivi di cura, a volte oscuri e poco utili. Pensiamo allo psicologo che intende lavorare entro i contesti scolastici, o formativi più in generale; con l’analisi della domanda potrà riformulare le richieste d’intervento che provengono da insegnanti, presidi o direttori d’istituto, genitori o da gruppi di ragazzi, al fine di progettare linee di sviluppo nella relazione tra componenti della struttura scolastica, famiglie e territorio. Potrà cosi istituire un lavoro psicoterapeutico con i vari gruppi e componenti della scuola, evitando di colludere con la domanda degli insegnanti che, sovente, vogliono i singoli ragazzi, definiti come problematici, quali unici destinatari dell’intervento. Pensiamo allo psicologo che intende offrire consulenza alle organizzazioni produttive e di servizio; potrà, con l’analisi della domanda, costruire la committenza del suo intervento, emancipandosi dal rispondere pedissequamente alle richieste dei responsabili organizzativi.
L’analisi della domanda, in modo diverso entro i differenti ambiti dell’intervento, potrà durare pochi incontri o prolungarsi per mesi; avere una funzione di orientamento o di intervento psicoterapeutico vero e proprio. In quest’ultimo caso, si assume come obiettivo lo sviluppo del cliente. Si possono, di fatto, perseguire differenti obiettivi, come s’è detto: orientare agli specialisti l’utenza di un servizio socio-sanitario, ed allora possono bastare pochi incontri; o trattare, con chi pone la domanda, le componenti emozionali che fondano il problema proposto e che vengono ripresentate nella relazione di domanda. In questo caso si può ipotizzare una psicoterapia di lunga durata, ove porre e realizzare, via via, differenti stadi d’approfondimento del processo di analisi.
Non ultimo, ricordiamo la formazione delle nuove leve di psicologi. Con questo modello di teoria della tecnica, è possibile confrontare lo studente della facoltà di psicologia con una prassi capace di dare senso e di impostare un intervento professionale rivolto a problemi di relazione, contestualizzati e storicizzati, non a singoli individui, considerati nelle loro caratteristiche stabili.
L’analisi della domanda, in sintesi, può rappresentare un modello unitario di lettura e trattamento di problemi apparentemente diversi, sia nella loro formulazione come nel contesto entro il quale si propongono. Ricordiamo come sia, per noi, obsoleta quella distinzione che vuole una psicologia dedicata ai differenti contesti, indipendentemente dalla tecnica che fonda l’intervento: pensiamo alla psicologia scolastica, alla psicologia del lavoro, alla psicologia familiare, alla psicologia militare, ma anche alla psicologia delle differenze individuali, alla psicoterapia nelle sue differenti articolazioni. La psicologia del lavoro, ad esempio, si rivolge a temi e contesti che sono cambiati in modo radicale da quando, ormai molti anni fa, s’era pensato allo psicologo applicativo, capace di applicare, appunto, le tecniche psicologiche al mondo del lavoro. Oggi si guarda, piuttosto, alle organizzazioni ed alle dinamiche che reggono la relazione organizzativa, allargando l’ottica ai sistemi di convivenza. In sintesi, l’analisi della domanda è un costrutto che propone all’intervento psicoterapeutico alcune coordinate di base:
- l’obiettivo; definito entro un ambito di sviluppo, dalla polisemia alla relazione con l’estraneo ed allo scambio produttivo. Si tratta di una prospettiva di sviluppo che definiamo metodologico, in quanto non configura uno stato terminale progettato e valorialmente connotato del processo psicologico, quale può essere il perseguimento della gratitudine, della maturità, dell’oblatività, o più in generale della normalità. No, l’obiettivo che si persegue entro il costrutto in analisi è fondato sulla dinamica d’evoluzione delle simbolizzazioni emozionali del contesto e sulla sostituzione dell’agito emozionale con il pensare le simbolizzazioni stesse. Ciò, come abbiamo visto, consente di fondare la relazione con l’estraneo e di rendere possibile lo scambio produttivo. Questa evoluzione potrà seguire linee e modi di realizzazione differenti, in base ai contesti entro i quali si interviene.
- la metodologia; fondata sulla sospensione dell’agito collusivo nei confronti delle simbolizzazioni emozionali proposte da chi pone la domanda, e sull’istituzione, essa pure collusiva, d’un pensiero sulle emozioni stesse. Avremo modo di approfondire queste linee metodologiche, ricordando sin d’ora che con l’analisi della domanda si persegue un pensiero, esso pure inevitabilmente emozionato, su quanto viene agito da chi pone la domanda, sia nella relazione “qui ed ora” con lo psicologo, sia nella narrazione del problema per cui si richiede l’intervento, riferito al “là e allora”, della propria esperienza contestuale.
Note
1. Diamo qui alcune indicazioni bibliografiche, scelte tra quelle in cui il modello è stato definito e sviluppato. Carli R., Paniccia R. M., Psicosociologia delle organizzazioni e delle istituzioni, Il Mulino, Bologna 1981; Carli R., Guerra G., Lancia F., Paniccia R. M., L’intervento psicosociale nei servizi di igiene mentale: un’esperienza, Psicologia Clinica, 3, 1, 75-96, 1984; Carli R., L’analisi della domanda, Rivista di psicologia Clinica, 1, 1, 38-53, 1987; Guerra G., Paniccia R. M., Analizzare la domanda: un caso di intervento in un Servizio di Diagnosi e Cura, Rivista di psicologia Clinica, 1, 1, 54-64, 1987; Carli R., L’analisi della domanda nell’intervento psico-sociale, Il giornale degli psicologi, 1, 13-20, 1992; Carli R.,L’analisi della domanda collusiva; in: Carli R. (a cura di), L’analisi della domanda in psicologia clinica, Giuffrè, Milano 1993; Carli R., L’analisi della domanda; in: Lombardo G.P. (a cura di), Storia e modelli della formazione, FrancoAngeli, Milano 1994; Carli R., Psicoanalisi della collusione e conoscenza clinica; in: Lombardo G.P., Malagoli Togliatti M. (a cura di): Epistemologia in psicologia clinica, Boringhieri, Torino 1994; Carli R., Analisi della domanda ed integrazione individuo-contesto nel colloquio; in: Trentini G. (a cura di): Manuale del colloquio psicologico, Utet, Torino 1995; Carli R., L’analisi della domanda rivisitata, Psicologia Clinica, 1, 5-21; 1997, Carli R., Paniccia R.M., Analisi della domanda, Il Mulino, Bologna 2003;. Carli R., Paniccia R.M., Casi clinici, Il Mulino, Bologna 2005. Torna su
2. Carli R., Il processo di collusione nelle rappresentazioni sociali, Rivista di Psicologia Clinica, 4, 282-296, 1990. Torna su
3. Carli R., Il rapporto individuo/contesto, Psicologia Clinica, 2, 5-20, 1995; Grasso M., Salvatore S., Pensiero e decisionalità. Contributo alla critica delle prospettiva individualista in psicologia, FrancoAngeli, Milano 1997. Torna su
4. Le neo-emozioni sono state proposte in Carli R., Paniccia R. M., L’Analisi Emozionale del Testo. Uno strumento psicologico per leggere testi e discorsi, FrancoAngeli, Milano 2002 e in Carli R., Paniccia R. M., Analisi della domanda Il Mulino, Bologna 2003. La cultura locale è stata teorizzata per la prima volta, con una certa completezza, nel volume Psicologia della formazione, Il Mulino, Bologna 1999, degli stessi autori, e sviluppata in Analisi Emozionale del Testo. Il costrutto della cultura locale ha fondato numerose ricerche e interventi, resocontati in rapporti di ricerca ed articoli scientifici, anche precedenti al 1999. In particolare possiamo ricordare: Carli R., Lancia F., Paniccia R. M., Pelagalli M.F. Nuovi modelli di comunicazione e sviluppo territoriale, Rivista di Psicologia Clinica, 2, 41-64, 1997; Carli R., Paniccia R. M., Psicosociologia del traffico: il caso romano, Capitolium, 8, 93-97, 1999; Carli R., Salvatore S., L’immagine della psicologia. Una ricerca sulla popolazione del Lazio, Edizioni Kappa, Roma 2001; Paniccia R. M., La verifica della soddisfazione del cliente come integratore di professionalità e servizi, in: Adamo M. G. S., Serpieri S., Paolo V. (a cura di), L’approccio integrato alla disabilità in età evolutiva. Da esigenza culturale a modalità operativa, Ma. Gi, Roma 2002. Torna su
5. Su questo tema, vedi: Circolo del Cedro, Tre tesi e sei questioni sulla psicologia clinica, Rivista di Psicologia Clinica, 5, 251-259, 1991; Circolo del Cedro, La competenza psicologico clinica, Rivista di Psicologia Clinica, 6, 6-37, 1992; Carli R., Paniccia R.M., Percorsi per la definizione del prodotto in psicologia clinica, Rivista di Psicologia clinica, 2-3, 21-45, 1993. Torna su